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“E tu come ti muovi?”: il questionario che potrebbe trasformare Imola nella prossima “città dei 15 minuti”

“E tu come ti muovi?” potrebbe sembrare un semplice sondaggio sulla mobilità, uno di quei questionari da compilare in fretta tra una pausa e l’altra. Ma a Imola, da oggi 9 dicembre 2025, questo strumento rischia di diventare molto di più: la chiave per trasformare la città e l’intero Circondario in un esperimento di “città dei 15 minuti”, il modello urbanistico che promette servizi raggiungibili a piedi o in bici in un quarto d’ora e auto ridotte al minimo indispensabile. Non è un collegamento azzardato: è tutto scritto nei documenti ufficiali del Comune.

Elena Penazzi, assessora all’Autodromo, ha già parlato in passato di “autodromo 15 minuti”, presentando la pista come esempio perfetto di “accessibilità sostenibile” dalla stazione al parco senza bisogno dell’auto. Il progetto PINQuA del PNRR dichiara apertamente che Imola sarebbe già una “città dei 15 minuti” grazie ai suoi 100 chilometri di ciclabili. Il PAESC, dove finiranno proprio i risultati di questo nuovo sondaggio, inserisce l’obiettivo 15-minuti tra le strategie da realizzare entro il 2030. E l’AESS, l’ente che gestisce materialmente il questionario, è lo stesso che da anni accompagna i Comuni emiliani verso modelli di mobilità sempre più restrittivi per l’uso dell’auto privata.

Qui è il punto: basta raccogliere qualche migliaio di risposte, estrarre i dati più comodi – il classico “oltre il 60% degli spostamenti è sotto i 5 km”, un numero che spunta ovunque – e la direzione è segnata. Si potrà dire che Imola è già pronta per diventare una città dei 15 minuti, che servono più bici, più bus, meno auto, più ZTL, meno parcheggi, magari qualche pedaggio urbano. Tutto perfettamente giustificato da un sondaggio presentato all’inizio come neutrale.

Ma l’elemento decisivo in questo caso non è la metodologia, è il campione. Se risponderanno soprattutto i residenti del centro, gli studenti, chi già si muove in bici e a piedi, il quadro sarà inevitabilmente “virtuoso”. Chi vive a Mordano, a Sesto Imolese, a Tossignano o in collina, chi lavora su turni alle 5 del mattino o alle 22, chi deve incastrare la scuola dei figli, il lavoro e i servizi sparsi, semplicemente resterà ai margini. Senza di loro, i grafici sembreranno dimostrare che tutto è raggiungibile in quindici minuti, anche se la realtà quotidiana dice l’esatto contrario.

Non è un’ipotesi campata in aria, altrove è già successo. A Bologna il sondaggio del 2022 è diventato il grimaldello per introdurre “Bologna 30” e nuove ZTL. A Parma i dati sugli spostamenti brevi hanno giustificato la chiusura della via Emilia ai non residenti. A Oxford la retorica della città 15-minuti si è trasformata in telecamere e multe per chi varcava troppo spesso i confini del proprio quartiere.

A Imola l’Autodromo offre un’arma narrativa in più. Con la favola del 100 milioni di indotto all’anno, il circuito permette di raccontare al mondo altra favola, quella della “città sostenibile che ospita la Formula 1”, un’immagine perfetta per fiere turistiche e marketing territoriale. Ma provate a spiegare la teoria dei 15 minuti a un padre che deve accompagnare la figlia a danza alle 19.30, a chi rientra da un turno notturno, a chi vive in collina e non ha un autobus dopo le 19, per loro, quindici minuti senza auto semplicemente non esistono.

Ecco perché il questionario è un’arma carica. Può servire a certificare che la città dei 15 minuti è già pronta e va solo “perfezionata”, cioè resa più restrittiva, oppure può diventare la prova del contrario, se a rispondere saranno proprio gli automobilisti “per forza”, quelli che usano l’auto non per abitudine ma per necessità. In quel caso il sondaggio potrebbe smontare la narrazione e costringere l’amministrazione a investire in trasporto pubblico vero, parcheggi di interscambio, connessioni rapide tra valle e pianura, invece che in altre ciclabili vuote d’inverno.

Il link per partecipare è questo: https://www.aess-servizi.it/questionario-mobilita-nci/
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C’è tempo fino all’11 gennaio. Dopo, il rischio è che a decidere non siano i cittadini, ma i grafici costruiti sulle loro risposte.