Imola, città che ama raccontarsi come modello di “accoglienza”, si ritrova oggi al centro di un’inchiesta che svela un paradosso feroce: mentre istituzioni e politica continuano a proclamare “solidarietà”, “integrazione” e “inclusione”, una rete organizzata dentro la cittò ha prosperato per anni dietro la facciata rispettabile di un Caf multiservizi, presentando centinaia di pratiche fittizie per far entrare clandestinamente cittadini stranieri, sfruttando senza ostacoli le falle strutturali del Decreto Flussi 2022 e il meccanismo del silenzio-assenso.
Non si tratta di un episodio isolato, ma della prova plastica di un sistema e una società che non controlla, non verifica, non incrocia dati e che consente alla burocrazia di trasformarsi in un varco spalancato: basta un computer, un passaporto e trenta giorni di attesa per convertire una domanda falsa in un’autorizzazione reale, sembra un film già visto con il reddito di cittadinanza… L’indagine della Polizia di Stato, partita da una denuncia per soli 200 euro a un Caf di Imola, ha ricostruito un meccanismo industriale: intercettazioni telefoniche e ambientali, telecamere nascoste nelle sedi, documenti falsi, passaporti raccolti, soldi in contanti, datori di lavoro inesistenti. Otto le misure cautelari eseguite e 25 le persone iscritte nel registro degli indagati per associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, truffa aggravata ai danni dello Stato e falso ideologico.
Eppure, una parte della stampa si è concentrata su alcuni dettagli di superficie, come l’origine dei singoli coinvolti: si elencano nazionalità, si specificano anni di nascita, si sottolinea che tra i collaboratori figurano “un imprenditore edile albanese” o “un cittadino marocchino procuratore di clienti bengalesi”, ma si omette di ricordare che la maggioranza della rete era costituita da italiani. E allora chiediamoci chi sono questi italiani che si sono riempiti le tasche con i soldi di immigrati ignari, sono per caso sempre gli stessi che si riempiono la bocca di “accoglienza”, “inclusione” e “antifascismo”?
Chiedetevi come sia stato possibile caricare oltre 500 domande false sui portali dello Stato, farle arrivare a Prefetture diverse, farle passare come valide e permettere che tutto ciò andasse avanti per mesi senza che nessuno incrociasse dati o verificasse la reale esistenza delle aziende indicate. Un altro aspetto che la stampa locale non ha evidenziato è che proprio il Decreto Flussi 2022, emanato sotto il Governo Draghi con Luciana Lamorgese Ministro dell’Interno, che avrebbe dovuto regolamentare l’ingresso legale dei lavoratori stagionali, si era trasformato in un terreno fertile per questa frode guarda caso proprio ad Imola, la città delle “buche, buche, buche” e dell'”accoglienza”. Ed ecco che la spiegazione è evidente: il sistema è tutto “antifascista” e ha lasciato passare tutto…
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