
di Brigida Miranda
Passato il clamore dell’attentato, siamo o non siamo ancora tutti Charlie? E che tipo di rapporto dobbiamo avere con il mondo islamico? Esiste o non esiste una distinzione tra mondo islamico e mondo occidentale? Stereotipi, luoghi comuni a cui ho cercato di dare una risposta parlando con Tarek Farouk, chef di origini egiziane, residente a Castel San Pietro Terme e membro del direttivo di circolo del Pd.
CASTEL SAN PIETRO – Quando gli chiedo se esista o meno una distinzione tra Islam e Occidente, Farouk mi interrompe subito. “Dipende da noi, dalla visione e dalla lettura che vogliano dare alla storia. Il Mediterraneo è la culla della civiltà e delle tre religioni monoteiste Ebraismo, Cristianesimo e Islam. I conflitti religiosi e linguistici nascono qui, ma anche tutta la nostra civiltà si origina in questo luogo centrale. E allora, sta a noi dire come vogliamo considerare il Mediterraneo: un confine che divide o una frontiera che apre al mondo. Ecco, è questo l’unico contesto storico di cui noi tutti facciamo parte”.
Lui, egiziano di origine, ha una visione dell’Islam completamente ‘laica’. Senza che ciò possa sembrare una contraddizione. “La religione è un fatto privato, io prego per conto mio. E non ho mai iscritto i miei figli a un centro culturale islamico”. Tocca subito il tasto dolente, Farouk, e azzera ogni mio dubbio: “Io vivo in Italia, ho giurato fedeltà a questa Repubblica non a una comunità islamica. Io sono arrivato qui negli anni Novanta e se un domani l’Italia mi volesse arruolato per combattere il terrorismo islamico, non esiterei un attimo”.
Bene, si potrebbe obiettare. Ma forse questa è una visione solo di una piccola parte del mondo islamico. “Dobbiamo ammettere che esiste un Islam moderno e un Islam non moderno – prosegue Farouk -. Allora cosa dobbiamo fare? Aspettare 600 anni perché l’Islam si modernizzi, essendo più ‘giovane’ del cristianesimo proprio di 600 anni? Assolutamente no. Perché nel frattempo le nuove tecnologie hanno cancellato le distanze e anche l’Islam deve fare più velocemente i suoi passi in avanti”.
Ma l’Islam ha iniziato a vivere un processo di laicizzazione? “Il concetto di ‘laicitè’ non è contemplato, nell’Islam si parla di governo civile. Però il processo esiste, la maggior parte delle primavere arabe sono tutte di matrice laica. Lo scorso Natale, il presidente egiziano Al-Sisi si è recato a portare gli auguri ai cristiani ortodossi. Sono cose che nessuno dice o si raccontano poco. Gli eserciti dei Paesi considerati islamici sono tutti completamente laici, gli ufficiali hanno studiato in Occidente, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna”.
E il terrorismo allora? “Il terrorismo è sempre politico. Quell’atto sarebbe stato compiuto a prescindere dalle vignette. Quelli che lo hanno fatto intendono creare una terza via, rifiutata sia dall’Occidente che dall’Islam”. E come risolviamo il problema degli imam “eversivi”? “Lo Stato deve fare un accordo chiaro sulla realizzazione delle moschee, richiedere protocolli antiterrorismo. E se non riesce lo Stato, bisogna delegare le Regioni. Siamo i primi a chiedere trasparenza su queste situazioni”.

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