Partendo dal testo della Commissione Pari Opportunità di Imola pubblicato su Facebook nell’occasione della giornata dell’industria “antivolenza” si possono scoprire tutti i deliri di una certa cultura deviata che trasforma ogni rapporto umano in un presunto schema di violenza. Il post, che pretende di spiegare agli uomini come dovrebbero parlare, pensare e perfino amare, parte dall’idea che qualunque espressione affettiva sia automaticamente possesso. Secondo questa logica distorta, frasi come “sei mia” diventano un segnale di dominio patriarcale, ignorando totalmente che nel linguaggio comune queste parole esprimono intimità, legame, complicità e non proprietà. È un ribaltamento totale della realtà tipica della sinistra che riduce le relazioni a formule ideologiche da manuale, come se le donne non avessero voce, volontà o capacità di scegliere, ma fossero entità fragili da proteggere contro ogni frase romantica.
Il paradosso è evidente: mentre dicono che le donne non sono oggetti, le trattano come soggetti senza autonomia, incapaci di distinguere un gesto affettivo da un abuso. L’idea che un uomo che ama e usa un linguaggio passionale sia automaticamente violento è un insulto sia agli uomini sia alle donne, ed è la prova di quanto questa retorica, e chi l’ha scritta, sia completamente scollegata dalla vita reale. Non si combatte la violenza con slogan paranoici, ma riconoscendo la complessità dei rapporti umani, dove il consenso e il rispetto contano più delle fantasie sociologiche di chi vede violenza ovunque tranne dove c’è davvero.
Quando uno dice “sei mia”, non sta parlando di possedere un oggetto, ma di condividere un legame, una responsabilità, una custodia. Se qualcosa non ti appartiene, perché mai dovresti proteggerla o custodirla? Eppure oggi qualcuno pretende di insegnarci che anche le parole d’affetto siano violenza, che dire “sei mia” sia un atto criminale. Se una donna fosse davvero di tutti, allora non potrebbe essere tua, e tutta quella retorica del possesso universale suonerebbe ridicola. Quando uno dice “la mia moglie”, non parla della moglie di altri, parla della sua, di colei per cui vale la pena lottare, fare sacrifici, assumersi responsabilità. Se non è la tua, allora non hai alcun dovere, alcuna cura, alcuna attenzione verso di lei, esattamente come non ne avresti verso la vicina di casa… Trasformare legami, dedizione e protezione in un crimine verbale è l’ennesimo delirio e deviazione di chi ha perso ogni contatto con la realtà.
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