I Federalisti Europei, guidati da Guy Verhofstadt, non hanno paura di dire le cose come stanno. Hanno elaborato un piano chiamato “Rapporto sulle proposte del Parlamento Europeo per la modifica dei Trattati”, che propone una massiccia limitazione del diritto di veto degli Stati dell’UE,per eliminare la sovranità nazionale. Il piano propone anche la creazione di un’unione della difesa, comprese unità militari sotto il comando dell’Unione. Inoltre, propone una “competenza” (cioè controllo) esclusiva dell’UE sulla politica climatica e ambientale e il “rafforzamento della politica comune dell’UE sull’immigrazione”.
Qualcosa di così radicale avrebbe dovuto incontrare resistenza fin dall’inizio. Ma, proprio come nel caso del referendum sulla Brexit, è successo il contrario, questa volta a favore del “progetto europeo”. La scorsa settimana, il Parlamento Europeo ha approvato questo rapporto con una maggioranza flebile. Ironicamente, l’adozione di questo piano per eliminare la sovranità è avvenuta nel giorno in cui gli elettori olandesi, altrimenti estremamente liberali e internazionalisti, hanno detto di essere stanchi delle élite europee e globali che ignorano le priorità nazionali.
Anche i custodi di ieri della Commissione e del Consiglio Europeo sembrano essersi ribellati. Michel Barnier, il negoziatore per la Brexit dell’UE, afferma di non volere il controllo dell’UE sull’immigrazione in Francia. E l’ex presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, afferma che un eccesso di “entusiasmo eurocentrico ingenuo” è dannoso.
Silenzio nelle principali pubblicazioni degli stati occidentali più grandi dell’UE. Nessuna menzione del rapporto federalista di Verhofstadt, nulla sulla diluizione della sovranità, neanche analisi che giustifichino la necessità e i benefici di una tale trasformazione dell’UE. Come nel silenzio della Conferenza sul Futuro dell’Europa, che ha portato alla redazione di questo rapporto e lo legittima. Solo la stampa degli stati dell’Europa centrale e orientale ha pubblicato le posizioni dei parlamentari nazionali, di alcuni professori universitari di diritto. Ma anche in questi paesi l’eco del rapporto del PE è stato molto debole, come se la posta in gioco non fosse il trasferimento di una delle ultime dosi di sovranità e prerogative regaliste degli stati.