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La Rocca di Imola set cinematografico per un falso storico

A prima vista, il comunicato del Comune di Imola che annuncia che la Rocca di Imola è diventato un set ideale per il cortometraggio, “Il Moro”, abbiamo pensato “Oh!, che buona notizia!”, visto che purtroppo la cultura è stata penalizzata dai lockdown e dagli infiniti DPCM del governo M5S-PD guidato dall’avvocato Giuseppi, auto-intitolato “del popolo”. Poi, visto di cosa si tratta, ci abbiamo ripensato.  All’inizio del comunicato si dice che il cortometraggio è scritto e diretto da Daphne Di Cinto, che recentemente ha interpretato un ruolo in Bridgerton, la serie Netflix del momento, ma come nel caso della serie Bridgerton, dove si insegue a ogni costo il politicamente coretto (sulla scia di quello che succede negli USA nel campo cinematografico), a discapito della precisione storica, anche in questo caso, come vedremo, c’è qualche problema.

Nella presentazione del cortometraggio si dice che “l’opera porta alla luce la figura di Alessandro de’ Medici, protagonista di un’importante pagina della storia italiana. Figlio di papa Clemente VII e di una donna nera serva in casa Medici, Alessandro diventa il primo duca di Firenze e tra i primi afrodiscendenti a ricoprire un ruolo politico di rilievo già nell’Italia rinascimentale”.

La spiegazione del tutto banale della regista, che afferma di aver indagato sul duca per le strade di Firenze e che una persona le avrebbe risposto: “Sì, lo sappiamo che era mezzo nero, ma non dovremmo saperlo” e che l’appartenenza all’Italia non dovrebbe essere “questione di colore”, ci dà già un’idea di quale siano le intenzioni di questo cortometraggio e della regista. Proprio lei indica poi il suo problema esistenziale: “Da afroitaliana sono cresciuta senza avere un personaggio storico di riferimento in cui mi vedessi rappresentata, che appartenesse alla storia del mio Paese. Eppure Alessandro c’è sempre stato, almeno per gli scorsi 500 anni”. Non sappiamo se un falso storico possa dare un senso di appartenenza alla regista a questo paese, che nei secoli dei secoli ne ha viste di tutti colori, ma certo è che “moro” non è sinonimo di africano.

La madre di Alessandro de’ Medici, Simonetta da Collevecchio, non è stata una schiava mora come affermò Lorenzino per infamarlo nella sua Apologia, ma una contadinella della campagna romana. Se vogliamo farla breve ci sono “africani bianchi”. Una persona nata da un bianco dell’Africa del Sud e un italiano di carnagione olivastra come si identificherebbe in Italia, avrebbe bisogno di qualche altro falso storico per sentirsi rappresentata?

Dobbiamo proprio dare ragione a Giacomo Gambi, diventato assessore alla Cultura del Comune di Imola, per caso e forse anche senza tanta preparazione in questi ambiti culturali, quando, commentando la location del film (la Rocca di Imola) e parlando della “giovane produzione cinematografica che ha deciso di investire in un film in questo periodo”  ha affermato che “il futuro si costruisce adesso”, ma riscrivere il passato, perché qualcuno ha bisogno di un senso di appartenenza, di certo non aiuta a scrivere un futuro migliore.