L’Unione Sovietica è nata dai travagli bolscevichi della Giornata Internazionale dei Diritti della Donna. Per essere esportata come Festa Mondiale, i comunisti hanno inventato una nuova storia, più avvincente e purificata dai crimini.
Siamo l’8 marzo 1857, a New York. La città è piena di passanti, venditori ambulanti, carrozze, biciclette, automobili. Da lontano si sente un rumore confuso che cresce sempre di più. Si avvicina. È una colonna di alcune migliaia di operaie tessili. Scontente delle condizioni di lavoro e di vita, hanno scatenato uno sciopero e ora stanno gridando le loro richieste per strada.
Allineate in modo ordinato, file su file, per lo più giovani, marciando con il pugno destro sollevato verso il cielo, con i capelli che ondeggiano nel tiepido vento primaverile. Sulle ampie, soleggiate vie, tra gli imponenti edifici della giovane metropoli, con le loro voci cristalline ma ferme, chiedono un salario uguale a quello degli uomini e la riduzione dell’orario di lavoro. Così è nata la Giornata Internazionale della Donna, dal coraggio di alcune proletarie di dire NO ai padroni avidi e spietati dell’America. Che quadro incantevole! Ma è solo una finzione. Una finzione grossolana, plasmata a Parigi nella redazione del giornale comunista L’Humanité, finanziato da Mosca, con le firme delle militanti Yvonne Dumont, Claudine Chomat e Madeleine Colin. Una menzogna che avrebbe conquistato il mondo.
Ma come è nato l’8 marzo?
In realtà, al Congresso della Seconda Internazionale Socialista nell’agosto-settembre 1910 a Copenaghen, Clara Zetkin, sostenuta da Rosa Luxemburg, propose l’istituzione di una giornata internazionale della donna. Senza tuttavia stabilire una data precisa, che fosse l’8 marzo o un’altra. Nata nel 1857 (forse il suo anno di nascita ha ispirato le mistificatrici de L’Humanité), la tedesca Zetkin (nata Eissner) era una militante marxista e femminista, insegnante e giornalista. Esiliata dopo che Bismarck proibì il movimento socialista, giunse in Svizzera, culla del bolscevismo latente, dove conobbe il rivoluzionario russo Osip Zetkin, il cui cognome adottò, anche se non si sposò con lui. Insieme alla sua amica, la polacca ebreo-ebraica Rosa Luxemburg, Zetkin fu una delle figure più prominenti della Lega Spartachista (Spartakusbund), l’ala di estrema sinistra del Partito Socialdemocratico Tedesco, che nel 1918 si separò e formò il Partito Comunista Tedesco. Esiliata di nuovo, Clara Zetkin si rifugiò in URSS, dove morì nel 1933. Le sue ceneri furono sepolte vicino al muro del Cremlino, accanto ai resti di Stalin, Suslov, Kalinin, Brežnev o Andropov.
La proposta di una Giornata Internazionale della Donna proletaria da parte di Clara Zetkin aveva un doppio scopo: confiscare le rivendicazioni femministe (voto universale, parità di salario, ecc.) dal movimento socialista, ma anche contrastare l’influenza delle femministe borghesi sulle lavoratrici, spiega Françoise Picq, esperta di Storia del Femminismo.
“Alle donne socialiste fu vietato di portare avanti lotte comuni con le femministe borghesi. La tradizione della Giornata Internazionale della Donna era inizialmente una scelta settaria, in cui femminismo e socialismo si escludevano a vicenda”, dice Picq citata da Slate.fr.
Fiori macchiati di sangue
In seguito alla decisione della Seconda Internazionale di Copenaghen, il 19 marzo 1911 si tennero manifestazioni in Germania, Austria e Danimarca. In Russia, il giorno fu celebrato il 3 marzo 1913, poi l’8 marzo 1914. L’8 marzo 1917 (23 febbraio, secondo il vecchio calendario), la Giornata della Donna fu nuovamente organizzata in Russia, nel contesto di grandi fermenti sociali Pochi giorni prima (3 marzo / 18 febbraio), presso le Officine d’armamento Putilov, le più grandi di Pietrogrado, era scoppiato uno sciopero. Il 5 marzo, a causa della mancanza di materie prime, le Officine Putilov chiusero. Gli operai riuniti davanti ai cancelli chiusi andarono a protestare per strada. Voci su un’imminente razionamento del pane riversavano benzina sul fuoco. La celebrazione dell’8 marzo / 23 febbraio fornì l’occasione perfetta: tutte le lamentele trovarono un contesto in cui esplodere. Così ebbe inizio la Rivoluzione di Febbraio, che proseguì con la Rivoluzione di Ottobre. Il 15 / 2 marzo lo Zar Nicola II abdicò in favore del fratello, Michele. Ma il caos non poteva essere fermato e anche lui rinunciò alla corona il giorno successivo. Iniziava l’instaurazione del comunismo.
Dall’effervescenza dell’8 marzo nacque l’Unione Sovietica. Niente di dolce, niente di delicato. I bucaneve sono macchiati di sangue!
Nel 1921, l’URSS adottò l’8 marzo come Giornata della Donna, in memoria degli eventi che segnarono l’inizio della rivoluzione bolscevica. Dopo la seconda guerra mondiale, l’8 marzo si diffuse in tutto il Patto di Varsavia: Europa orientale, Cina, Vietnam, Cuba. La Giornata della Donna si impose come festa esclusivamente comunista.
Fino a quando, nel 1955, entrò in scena L’Humanité, con la storia della romantica manifestazione delle tessitrici, che, a quanto sembra, si era svolta un secolo prima a New York.
Nessuno si preoccupò minimamente di verificare l’autenticità storica. In questo modo avrebbero potuto scoprire che nessun giornale americano menzionava nulla su una manifestazione. Anche se alcune centinaia o migliaia di donne che marciavano per strada, in un paese dove i cowboy ancora combattevano gli indiani, avrebbero dovuto essere una notizia sensazionale. La menzogna era adatta.
Le mistificazioni de L’Humanité ebbero più successo di quanto avessero previsto. La trasformazione dell’8 marzo da festa delle madri e, implicitamente, della famiglia, in una giornata di lotta per la liberazione e l’emancipazione delle donne, trovò un terreno fertile nei movimenti di sinistra dell’Occidente. Il fatto che il mito collochi l’azione delle operaie in America, simbolo del Capitalismo oppressore, non fece che aumentare la sua attrattiva. Le femministe negli Stati Uniti, entusiaste di scoprire una legittimità storica, importarono quasi immediatamente l’8 marzo oltre oceano. Le femministe dell’Europa occidentale le imitarono rapidamente. Nel 1977, l’ONU incoraggiò i paesi del mondo ad adottare l’8 marzo come giornata per celebrare i diritti delle donne e la pace internazionale. Nel 1982, fu la volta della “madrepatria” di adottare il mito fondatore. Yvette Roudy, ministro per i Diritti delle Donne, ufficializzò l’8 marzo.
“Volevamo spiegare la mistificazione a Yvette Roudy. Ma questo le andava bene: un mito che celebrava l’emancipazione delle donne all’interno della lotta di classe”, racconta la ricercatrice francese, lei stessa una sostenitrice del Femminismo. Cosa voleva L’Humanité? Per 22 anni, nessuno si era posto il problema dell’autenticità del mito delle femministe americane. Nel 1977, Françoise Picq e altre quattro ricercatrici volevano verificare la storia. Picq dichiara:
“Ho incontrato diverse varianti riguardanti il contesto – sole primaverile o tempesta di neve – o le protagoniste – tessitrici, operaie tessili, sarte; l’accento era posto ora sulla lotta contro la repressione, ora sul giuramento solenne di riunirsi ogni anno. Ma tutti i testi concordavano sulla data e il luogo – 8 marzo 1857, New York – e sul significato fondatore dell’evento”. Ovviamente questo creava più emozione di una riunione oscura delle donne nella sala d’attesa dell’Internazionale Socialista. Segeundo il filo della storia, le cinque scoprirono la prima notizia sull'”evento” su L’Humanité del 1955.
“Perché, in piena Guerra Fredda, era necessario dare alla celebrazione della Giornata della Donna un’origine più antica, più spontanea di quella di alcune militanti di partito? Perché si voleva staccare l’8 marzo dalla sua storia sovietica”, si chiedeva il gruppo di ricercatrici. Sembra che alla base della mistificazione ci fossero le tensioni nel movimento comunista francese, tra la Confederazione Generale del Lavoro (CGT) e l’Unione delle Donne Francesi (UFF).
“Madeleine Colin voleva ricollegare l’8 marzo alla storia della lotta delle donne militanti, mentre l’UFF lo trasformava in una sorta di Festa della Mamma, come in URSS”, spiega Françoise Picq.
Nel campo comunista, la festa dell’8 marzo non era esattamente una giornata di lotta delle donne. “Poiché veniva permesso loro di uscire due ore prima dal lavoro, le donne preferivano approfittarne e andare dal parrucchiere”, dice la ricercatrice. Il giorno in cui la Donna diventa Uomo
Nei ex paesi comunisti, la Giornata della Donna continua a conservare quella connotazione familiare tipica dell’ex blocco comunista: fiori, baci, piccoli regali, feste, ma nell’Occidente, però, l’8 marzo è un giorno di proteste, di manifestazioni, di affermazione dell’identità della donna “emancipata”, un giorno della donna-uomom cioè di anti-Donna.