Qualsiasi iniziativa promossa dalla giunta Panieri o da qualsiasi giunta PD ci sembra che ha sempre un altro fine da quello dichiarato. Con il progetto “Bike to Work,” hanno fatto credere alla gente che “più pedali, più risparmi, anzi guadagni.” Ieri hanno premiato addirittura due dipendenti del SACMI, uno per il numero di chilometri percorsi andando al lavoro in bicicletta e l’altro “per aver utilizzato l’App We City per ben 133 giorni.” Nel comunicato del Comune di Imola, si tiene particolarmente a sottolineare l’utilizzo di questa app. Dato che siamo diffidenti nel scaricare qualsiasi app sui nostri telefoni, abbiamo deciso di leggere la privacy policy della società che gestisce questa app, ovvero un SRL denominato “We City.” Già dal sito di questa SRL, si legge che la società si “propone di generare un cambio comportamentale nelle aziende, nella Pubblica Amministrazione e nei cittadini favorendo gli spostamenti sostenibili e certificando il risparmio di CO2 grazie agli strumenti di Intelligenza Artificiale.” Quindi, persone sconosciute cercano di convincervi a cambiare le vostre abitudini, con “l’obiettivo di favorire gli spostamenti ecologici e certificare il risparmio di CO2”. Ora, potreste chiedervi perché i dipendenti che si recano al lavoro in bici dovrebbero preoccuparsi di certificare il risparmio di CO2?
Per convincere la gente a scaricare questa app, in cui si richiede l’autenticazione con il codice fornito dalle rispettive aziende, è stato creato un incentivo trimestrale di “20 centesimi al chilometro fino a un massimo di 50 euro al mese.” Nel comunicato riguardante la premiazione dei due dipendenti, si afferma che, nel dettaglio, grazie al progetto, dal 01/03 al 31/08/2023, sono stati risparmiati 22.250,47 chilogrammi di CO2, percorrendo in bicicletta un totale di 158.943,12 chilometri, realizzando 39.027 viaggi, coinvolgendo 15 aziende e contando 778 utenti iscritti, ma ciò che non viene menzionato nel comunicato è che questa quantità di CO2 risparmiata viene ceduta.
Nella privacy policy di We City SRL (https://www.wecity.it/privacy-and-cookies-policy/), si menziona che, in cambio dei dati di mobilità raccolti tramite l’uso dei servizi e della cedenza delle quote di CO2 risparmiate, gli utenti possono partecipare a speciali promozioni messe a disposizione dagli sponsor e dalle aziende partner. In altre parole, gli utenti, in questo caso i dipendenti delle aziende, cedono le quote di CO2 risparmiate tramite l’utilizzo dell’app WeCity. Quindi, a nostro parere non si tratta semplicemente di una “mobilità sostenibile,” come si vorrebbe far credere.
Per comprendere appieno il significato di “cessare” la CO2 e le sue implicazioni, è essenziale prendere coscienza di come funziona il mercato del carbonio e delle emissioni, un’altra follia “green” inventata quale che tempo fa, per approfondire l’argomento si può iniziare anche da questo articolo “Il lato oscuro del mercato del carbonio”.
In termini semplici, il mercato del carbonio è un sistema che consente alle imprese inquinanti di acquistare e vendere quote di emissioni di carbonio. Quando si dice che gli utenti del progetto “Bike to Work Imola” risparmiano CO2 pedalando invece di guidare, in realtà stanno creando un surplus di quote di emissioni di carbonio che potrebbero essere cedute su questo mercato e le imprese che più o meno inquinano hanno proprio bisogno di acquistare questi diritti di emissione e quote di carbonio.
Nei comunicati precedenti su questo progetto “Bike to Work,” prima che Imola si aggiungesse alla mappa di WeCity, uno dei assessori alla “mobilità sostenibile” ha dichiarato che era stato istituito un “tavolo in espansione in cui figurano tra le altre Cefla, Sacmi, Eurovo, Teapak, Cooperativa Ceramica, Tazzari, Irce, ma anche Montecatone, Hera e l’Ausl.” Quindi, ci chiediamo se alcune imprese tra quelle elencate, dato che alcune di esse hanno fornito il codice, utilizzano o no le quote di CO2 cedute dai dipendenti tramite queste l’app per il mercato del carbonio?
Secondo il sito it.nttdata.com, “attualmente, il prezzo di un credito di carbonio nel mercato volontario si aggira intorno ai 20 euro. Vista la crescita del mercato, è facile aspettarsi un deciso aumento dei prezzi in Europa, potenzialmente fino a 30-40 euro nel breve termine, e quindi di ingenti guadagni.” Visto ciò, ci chiediamo se gli utenti di “Bike to Work Imola” siano a conoscenza del fatto che forse stanno indirettamente contribuendo a sostenere questo mercato delle emissioni di carbonio sotto la facciata della “mobilità sostenibile.” Sarebbero comunque d’accordo con questa situazione se ne fossero davvero consapevoli?