Quando si tratta di alcune vittime, i “comunisti” vogue e le giornaliste ipocrite di Imola hanno la memoria corta e soprattutto selettiva. Perciò, abbiamo deciso di ricordare anche noi ogni volta che loro ricordano qualcosa, agli imolesi, i crimini commessi dai partigiani alla fine della guerra, come quello del giovane seminarista, uno dei crimini più efferati e odiosi. Questo per far capire anche alle nuove generazioni che devono condannare non solo il nazifascismo, ma anche il comunismo perpetuato in ogni sua forma.
Il giovane Rolando Rivi era un cristiano devoto e determinato a seguire la sua fede senza compromessi, nonostante la sua giovane età. Nato il 7 gennaio 1931 a San Valentino, comune di Castellarano nel reggiano, Rolando crebbe in una famiglia di contadini profondamente legata alla parrocchia. Fin da giovane dimostrò un forte senso di leadership tra i suoi amici e maturò la vocazione al sacerdozio dopo la Cresima.
A soli 11 anni, Rolando entrò nel seminario di Marola e vestì l’abito talare come segno del suo impegno verso Dio. Dopo due anni, nel 1944, il seminario fu occupato dai tedeschi e i seminaristi furono costretti a tornare a casa. Rolando tornò a San Valentino in un momento difficile, poiché il paese era vessato dalle incursioni dei tedeschi e dei partigiani, mentre i sacerdoti erano malvisti e rischiavano la vita ogni giorno. La sua madre voleva che andasse in giro solo in abiti civili, spaventata dall’odio partigiano, ma lui si oppose.
Il 10 aprile del 1945, mentre studiava in un bosco vicino a casa come al solito, Rolando fu rapito da alcuni uomini delle brigate garibaldine “in odium fidei” e portato in un casale a Piane di Monchio, nell’Appennino modenese, dove fu torturato, seviziato per tre giorni e poi ucciso il 13 aprile alle tre del pomeriggio. I partigiani gli tolsero la veste talare di seminarista e ne fecero una palla per prenderla a calci come se fosse un pallone e, infine, la misero a sventolare attaccata ad un chiodo alla porta della casa colonica.
Seguendo le indicazioni di alcuni partigiani, comprese quelle del suo stesso assassino Giuseppe Borghi, la sera del 14 aprile Roberto Rivi (suo padre) e don Alberto Camellini ritrovarono il corpo con il volto coperto di lividi, il corpo martoriato e le due ferite mortali, una alla tempia sinistra e l’altra all’altezza del cuore.
Il caso di Rolando Rivi merita di essere ricordato in modo particolare, data la sua giovane età, ma furono almeno 129 le uccisioni di sacerdoti accertate e avvenute per mano dei partigiani comunisti, anche dopo il 25 aprile e rivelate solo molti anni dopo.