“Nell’anno passato ai frutticoltori dell’Emilia-Romagna è stato riconosciuto un prezzo ben al di sotto dei costi di produzione – a esempio: pere – 60% e mele e susine -50% -. Le distorsioni o asimmetrie di potere hanno penalizzato, ancora una volta, l’anello più debole della filiera, gli agricoltori, aggravando così la crisi del comparto che nel periodo 2006-2022, in regione, ha visto ridurre del 35% le superfici frutticole coltivate”. Confagricoltura ER
La richiesta di Confagricoltura Emilia Romagna di un prezzo minimo congruo per la frutta prodotta è sicuramente giustificata. Il prezzo di vendita al dettaglio della frutta è spesso molto più elevato rispetto a quello pagato all’agricoltore, che si ritrova ad affrontare costi di produzione sempre più alti. Le distorsioni di potere lungo la filiera hanno contribuito a creare questa situazione ingiusta, che ha un impatto diretto sulla sostenibilità del comparto agricolo e sulla qualità dei prodotti.
La situazione dei frutticoltori in Emilia Romagna non è un caso isolato, ma riflette una tendenza nazionale ed europea. Per questo motivo, è necessario agire con urgenza per trovare soluzioni che possano garantire una giusta remunerazione per i produttori e una distribuzione equa del valore lungo tutta la filiera.
Confagricoltura Emilia Romagna ha proposto una serie di interventi volti a rendere il sistema frutticolo più competitivo. La decontribuzione e la defiscalizzazione delle imprese, insieme a nuovi investimenti in ricerca, nella difesa fitosanitaria e nel contrasto al cambiamento climatico, potrebbero rappresentare un primo passo importante. Inoltre, la valorizzazione del prodotto “made in Italy” e la regolamentazione delle importazioni durante i periodi di raccolta potrebbero aiutare a limitare le distorsioni di mercato.
In questo contesto, è importante che tutte le componenti della filiera, dalle strutture cooperative alla grande distribuzione, si impegnino a riconoscere i costi produttivi sostenuti dalle aziende agricole e a valorizzare il lavoro dei produttori locali. Solo così si potrà garantire un futuro sostenibile al comparto frutticolo e promuovere la qualità dei prodotti italiani.