Se si fa una ricerca su chi è l’assessore alla sicurezza a Imola, escono dei link con il nome dell’ex-assessore alla sicurezza, Andrea Longhi, segno che ancora oggi nemmeno sulla stampa locale si percepisce chi abbia in questo momento la delega alla sicurezza (cioè il sindaco Panieri) e questa non sarebbe una sorpresa, dato che in pochi hanno chiesto al sindaco di assumersi la responsabilità del fatto che la città era finita in “zona rossa o in zona arancione scura” dopo aver collezionato (non tanto per la capacità e preparazione sul tema) anche la delega alla sanità.
Ma a parte la sua dichiarazione formale di “ferma condanna”, ci dobbiamo chiedere tutti quanti: che responsabilità deve assumersi e in tutto ciò, avendo lui la delega alla sicurezza?
Come mai, visto che in zona ci sono delle telecamere di sorveglianza, non erano presenti polizia, carabinieri, vigili Urbani o i “famosi” street-tutor del sindaco? Possibile che nessuno avesse previsto che in caso di vittoria della Nazionale Italiana agli Europei di calcio, sarebbero potuti succedere eventi di questo genere in città? Non è detto che se la tua città ha ottenuto dopo tanti anni dalla fine della guerra la medaglia d’oro alla “resistenza”, per dare bene alla narrativa “antifascista” dell’ANPI locale, la città debba essere automaticamente sicura. Anzi, a forza di inutili slogan, la città è insicura e quelli che ci rimettono sono sempre i cittadini, come il proprietario del chiosco, non l’ANPI.
Con qualche contributo pubblico da parte dall’amministrazione “antifascista”, l’ANPI non perderà l’occasione di farsi propaganda, per riparare la “memoria offesa” da qualche giovane esuberante per una vittoria di calcio, giovani infetti dal morbo del falso progressismo, che non avendo né “madre”, né “padre”, ma un generico “genitore numerico”, non riescono più ad avere il senso del rispetto delle cose altrui e della città, cose come questo monumento al partigiano che in realtà è nato come monumento al soldato fascista, realizzato da Angelo Biancini, detto Anzulė, per celebrare i combattenti fascisti della guerra di Etiopia.
Vista la “memoria offesa selettiva”, in qualche modo dobbiamo trovare delle attenuanti a questi giovani (senza assolverli dalla loro responsabilità), dato che la stessa confusione e mancanza di senso ha portato alcuni imolesi ad essere dei fascisti neri, prima sotto il balcone del Municipio nel 1936 e poi, a guerra finita, a diventare fascisti rossi, per poi insegnarci la “democrazia” dimenticando il loro compagno comunista appeso in piazzale Loreto. Di sicuro, nessuno potrà equiparare lo spostamento di una lettera e qualche vetrina rotta con i feroci crimini dei fascisti e dei partigiani, ma di questi tempi niente è escluso.
Tornando a Panieri, dichiara: “Sia nel caso del monumento al partigiano che del chiosco, mi auguro che i responsabili di questi gesti vengano quanto prima individuati e sanzionati in base a quanto previsto dalle leggi” ma, ripetiamo la nostra domanda, lui come sindaco con delega alla sicurezza, in un momento cosi delicato e pandemico, non ha alcuna responsabilità da assumersi?