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Apprendiamo di un presunto scandalo nella sanità bolognese
che riguarda la gestione dei servizi all’ospedale Sant’Orsola, struttura considerata da
sempre un centro di riferimento emiliano-romagnolo.
Ci sono due indagati nel fascicolo della Procura sulla vicenda della gara d’appalto –
un maxi appalto di ben 123 milioni di euro – per la gestione dei servizi integrati di
supporto alla persona. Ad aggiudicarsi la gara è stata la Coopservice di Reggio
Emilia (che ci risulta lavorare anche con l’Ausl di Imola), il cui presidente del Cda ha
legami di parentela con il dirigente della struttura ospedaliera bolognese, Marco
Storchi.
Dopo che il Consiglio di Stato ha annullato l’esito della gara, la candidata sindaca
civica Carmen Cappello ricorda prima di tutto che «esistono regole che impongono a
chi ha interessi anche indiretti, e sia in potenziale conflitto di interessi, di astenersi
dall’intervenire nelle procedure di aggiudicazione degli appalti, ma pare che tutti se
ne dimentichino quando le devono applicare. Ecco perché dico che bisogna ripensare
il sistema, e di corsa – prosegue la Cappello -, e far sedere un po’ di gente in
panchina, mentre altra mandarla a casa, per preservare le buone imprese e
cooperative che lavorano nel rispetto delle regole scritte e non scritte. Ora però
dobbiamo interrogarci su quale alternativa sia auspicabile. Il privato modello
Lombardia? Non credo. Iniziamo, piuttosto, a mettere a confronto le offerte sul
merito della qualità dei servizi proposti dalle imprese in gara. Rendiamo operativo il
criterio in cui si premia la qualità, non gli amici degli amici. E scegliamo con molta
cura i commissari di gara – conclude la civica -: non dovrebbero ricevere tali
incarichi soggetti su cui aleggia anche solo un sospetto di connivenza o interesse,
anche indiretto, con le imprese in gara».