di Aris Alpi
Sono finalmente cominciati e a dire il vero, già quasi in fase conclusiva, i lavori per l’allacciamento fognario a Selva. Il lotto abitativo di Via Montevecchi ed alcuni stabili di Via Emilia (fra cui un noto Ristorante) erano sprovvisti dell’allacciamento fognario obbligatorio e delle regolari fogne collegate ad un depuratore.
Nonostante questa mancanza, risalente all’epoca della costruzione del quartiere, si scoprì che gli abitanti pagavano ugualmente al gestore la quota per la depurazione. Depurazione che ovviamente non avveniva. Anzi,
i liquami venivano addirittura scaricati nel fiume Santerno. Per questo servizio “fantasma” il ristorante di Selva che si affaccia sulla Via Emilia, pagava migliaia di euro all’anno. Le famiglie invece pagavano qualche centinaio di euro all’anno.
Gli scarichi delle feci, prima di raggiungere il fiume Santerno, proseguivano per i campi facendo marcire erba e piante, emettendo un forte odore in tutta la campagna.
Piero Raffini, residente a Selva da una quindicina d’anni, si accorse dell’anomalia per caso “Stavo passeggiando tra i campi quando mi accorsi di un rigagnolo d’acqua torbida, marcia. All’interno dell’acqua vi erano delle pesche morsicate dai topi. Quel corso d’acqua si congiungeva al super-tutelato Rio Della Bandita, il quale finiva nel Fiume Santerno.”
Così, Raffini impugna la cornetta del telefono e chiama giornali e amministratori. Ne nasce un lungo tira e molla durato quattro anni, al quale si aggregano Lega e infine anche i 5 Stelle. Ma i gestori del servizio non sembrano intenzionati a dare ascolto al residente. Nel frattempo Raffini viene convocato dal Sindaco di Imola e dall’Assessore Tronconi per una mediazione.
Quest’ultimo ammette che il problema esiste e che i lavori vanno eseguiti celermente.
Forse dev’esser stato il richiamo da parte del referente all’ambiente del Comune di Imola, a sollecitare
i gestori dei condotti, che finalmente, promettono l’avvio dei lavori ad inizio 2018.
In estate, finalmente, le tubature vengono installate ed ora il quartiere ha un collegamento fognario con un depuratore.
Rimane però ancora da sciogliere il nodo delle precedenti bollette. Migliaia di euro a famiglia se si considera un pagamento perdurato per una quindicina d’anni. Il gestore ha già impugnato una sentenza regionale che indica il mancato rimborso retro-attivo oltre i quattro anni. Inoltre, per riavere i denari per le bollette degli ultimi quattro anni, occorrerebbe almeno l’organizzazione di una class-action, e il parere positivo dell’ANAC, al quale Raffini si rivolse. Solo in quel caso si potrebbe parlare di rimborso, anche se tuttavia, pare difficile nel caso non venga incaricato un avvocato che possa valutare in maniera chiara, a quanto e se i residenti ne avrebbero diritto.
Gli scarichi delle feci, prima di raggiungere il fiume Santerno, proseguivano per i campi facendo marcire erba e piante, emettendo un forte odore in tutta la campagna.
Piero Raffini, residente a Selva da una quindicina d’anni, si accorse dell’anomalia per caso “Stavo passeggiando tra i campi quando mi accorsi di un rigagnolo d’acqua torbida, marcia. All’interno dell’acqua vi erano delle pesche morsicate dai topi. Quel corso d’acqua si congiungeva al super-tutelato Rio Della Bandita, il quale finiva nel Fiume Santerno.”
Così, Raffini impugna la cornetta del telefono e chiama giornali e amministratori. Ne nasce un lungo tira e molla durato quattro anni, al quale si aggregano Lega e infine anche i 5 Stelle. Ma i gestori del servizio non sembrano intenzionati a dare ascolto al residente. Nel frattempo Raffini viene convocato dal Sindaco di Imola e dall’Assessore Tronconi per una mediazione.
Quest’ultimo ammette che il problema esiste e che i lavori vanno eseguiti celermente.
Forse dev’esser stato il richiamo da parte del referente all’ambiente del Comune di Imola, a sollecitare
i gestori dei condotti, che finalmente, promettono l’avvio dei lavori ad inizio 2018.
In estate, finalmente, le tubature vengono installate ed ora il quartiere ha un collegamento fognario con un depuratore.
Rimane però ancora da sciogliere il nodo delle precedenti bollette. Migliaia di euro a famiglia se si considera un pagamento perdurato per una quindicina d’anni. Il gestore ha già impugnato una sentenza regionale che indica il mancato rimborso retro-attivo oltre i quattro anni. Inoltre, per riavere i denari per le bollette degli ultimi quattro anni, occorrerebbe almeno l’organizzazione di una class-action, e il parere positivo dell’ANAC, al quale Raffini si rivolse. Solo in quel caso si potrebbe parlare di rimborso, anche se tuttavia, pare difficile nel caso non venga incaricato un avvocato che possa valutare in maniera chiara, a quanto e se i residenti ne avrebbero diritto.