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Dopo il risultato storico del 10 giugno quando il PD andava per la prima volta al ballottaggio nella sua cassaforte, pardon roccaforte, ecco che arriva il 24 giugno e l’impossibile diventa possibile. Il PD viene sconfitto anche a causa della bassa affluenza, 28.984 votanti (52,61%), visto che il suo elettorato formato dai “diversamente giovani” forse ha preferito essere al mare con i nipotini. La vittoria della Manuela Sangiorgi (M5S) con il 55,44% segna la fine di un’epoca di “cooperazione” che durava da 73 anni e che rischiava di continuare con l’avvocata Carmela Cappello che ha preso il 44,56%. Ovviamente il peso delle elezioni è stato spostato anche dal popolo leghista che nonostante i timidi appelli, quasi impercettibili, ha scelto il cambiamento personificato nella persona di chi ha superato il loro candidato Giuseppe Palazzolo, che il 10 giugno aveva preso circa settemila voti.
La campagna elettorale ha visto lo scimmiottare da parte del PD dello slogan, dei colori sui volantini e persino dei discorsi del M5S. Per esempio “Liberiamo Imola” del M5S per il PD è diventato “Libera come Imola”, “Alziamo la testa” è diventato “Guarda avanti”. Il rosso del periodo PD che ha partorito una candidatura di tipo “civettica” (civica, ma in realtà civetta) è diventato il bianco richiamato dal M5S. Le risorse finanziare messe in campo chiaramente favorivano il PD che ha utilizzato tutti i mezzi (post sponsorizzati su ogni tipo di social, addirittura annunci personalizzati sul browser google, camion vela, volantinaggio a tappetto in più volte). Insomma la candidata del PD, delegata ACER che voleva restituire qualcosa alla città (ha speso parte del suo stipendio ACER da 50.000 euro), lo ha fatto sotto forma di propaganda elettorale con discorsi ripetuti come un disco rotto di avere un “progetto” ma non conosceva neppure la reale situazione di alcuni spazi si divertimento ad Imola (River Side e discoteca Acque Minerali). Il suo “Io, io” formato da interessi di partito è crollato davanti al “Noi” della Manuela Sangiorgi e di tutto quel popolo del cambiamento che non ha colori o se ne ha almeno supera il rosso di tipo sovietico.