Nella conferenza stampa tenutasi oggi, mercoledì 15/03/2017, al vescovado, la Caritas di Imola, attraverso il suo gestore ente, l’Associazione Santa Maria della Carità Onlus, ha presentato una serie di servizi realizzati nel 2016 ed un elenco dei “luoghi comuni” nei confronti del suo operato. Alla conferenza stampa sono intervenuti Luca Gabbi (direttore della Caritas diocesana), Sanzio Brunori (presidente dell’associazione), don Gian Luca Grandi ed il vescovo Tommaso Ghirelli.
L’anno scorso si sono rivolti alla Caritas di Imola 724 persone, 322 italiani (44,5%), 62 stranieri U.E. (8,6%), 340 stranieri extracomunitari (46,9%), un numero costante rispetto al 2015, e questo non perché la crisi è passata, ma perché la Caritas ha cambiato i parametri richiesti per fornire assistenza alle famiglie, ISEE molto basso (6.000 euro per gli alimenti e 3.000 euro per vestiti e farmaci), ascolto su appuntamento e ha decentralizzato la distribuzione di viveri e vestiario. Per quanto riguarda i profughi, la Caritas di Imola ha interrotto la prima accoglienza con retta dallo Stato, continuando ad aiutare gli “ultimi”, cioè “quei profughi che, interrotto il servizio di altri enti gestori, sono rimasti per un qualche motivo sul territorio”. Questi servizi hanno probabilmente portato a dei “luoghi comuni” che il rapporto vuole chiarire, ecco alcuni di questi stereotipi presentati questa mattina nella conferenza stampa della Caritas Diocesana:
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“Voi della Caritas aiutate solo gli stranieri”
Il 44% delle persone che bussano alla nostra porta sono italiane. Nelle nostre case di prima e di seconda accoglienza, attualmente ospitati vi sono il 56% di italiani. Bussano alla nostra porta persone di 38 nazionalità diverse. Le persone magrebine rappresentano il 28%.
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“Voi della Caritas spendete i miei soldi”
Non riceviamo contributi pubblici, se non poche migliaia di euro partecipando a bandi pubblici. I soldi che eroghiamo provengono da:
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8xmille diocesano e nazionale (quest’ultimo presentando progetti innovativi).
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Donazioni di Privati.
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Fondazione Cassa di Risparmio.
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“Io ho diritto alla casa. Datemela”
Gli appartamenti che gestiamo sono sublocazioni la cui proprietà è di Privati o Enti a cui noi paghiamo l’affitto. Per cui noi le assegniamo in base ad una graduatoria interna basata su criteri da noi liberamente stabiliti (presenza di minori, di invalidi, nuclei monogenitoriali, fragilità sociale, precarietà della attuale situazione abitativa). Non abbiamo case sfitte. È sempre più difficile far capire che ciò che viene da noi elargito non è “dovuto”. Vediamo invece persone anno dopo anno sempre più insistenti, esasperate, rabbiose e, a volte, arroganti e pretenziose anche nei nostri riguardi. A ciò non eravamo abituati.
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“Fate qualcosa! C’è un barbone che sta dormendo…”
Siamo stanchi delle deleghe. Al cittadino non viene neppure più in mente che vi sia un’Amministrazione pubblica che deve tutelare i diritti fondamentali. Noi facciamo la nostra parte. Gli altri si interroghino (tanto più in una prospettiva metropolitana nella quale Imola sta diventando un satellite su cui approdano i poveri provenienti da Bologna).
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“Voi della Caritas ci guadagnate sui profughi!”
Da un anno non riceviamo più rette dallo Stato e non partecipiamo a bandi pubblici. I profughi non sono più “gli ultimi”. I profughi che accogliamo (ora 4 + una famiglia di 4 persone) sono in seconda accoglienza (hanno già un perm.sogg. e sono rimasti sul territorio per una qualche ragione). Essi sono equiparati a tutte le altre persone che si presentano da noi.
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“Tranquilli…anche questa crisi passerà…”
No. Non passerà; è ormai strutturale. Noi vediamo:
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Una crescente precarietà lavorativa: aumento del lavoro sommerso, di contratti rinnovati di mese in mese se non di settimana in settimana, lavoro a chiamata, sottoretribuzione.
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Un’automazione produttiva sempre più spinta che non assorbirà mai più il numero di manodopera non specializzata come nei tempi pre-crisi.
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Un’offerta di manodopera disponibile a lavorare a qualunque costo orario.
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Strumenti amministrativi risibili, come ad esempio il SIA, mentre stiamo ancor aspettando il RES regionale…vedremo con il REI…
Dal rapporto risulta quindi che: il 32% circa dei nuclei che si sono presentati in Caritas ha un Isee pari a zero, inoltre, 10.935 contribuenti del solo Comune di Imola, nella dichiarazione dei redditi del 2015 (cioè sui redditi imponibili del 2014, ultimo dato reperibile), hanno redditi inferiori ai 10.000 euro. Numerose, cioè, sono le persone a “rischio di povertà” (nel 2015 la soglia di “rischio di povertà” era pari a 9.508 euro/anno). Significa che sono nuclei o singoli in situazione di grave deprivazione, a intensità lavorativa molto bassa, fragili, che avvertono incertezza e insicurezza per il futuro.
Stanno pertanto crescendo le situazioni di vulnerabilità, di povertà non ancora conclamata (famiglie a “rischio di povertà” che quindi non si presentano ancora in Caritas).
G.B.
Rapporto Caritas 2016 sulle povertà” Intervista a Luca Gabbi, direttore della Caritas diocesana di Imola “Vediamo un ente pubblico che delega un po’ troppo il terzo settore”