Il referendum si avvicina e con esso aumenta il nervoso attivismo dei sostenitori del SI. Gli altri, quelli del NO sembrano piuttosto disinteressati anzi piuttosto infastiditi dall’esuberanza mediatica dei primi che non esitano ad invadere strade e piazze con fantasiosi abbigliamenti.
Ma di cosa si sta parlando? Quali trivelle? Deve essere chiaro, o perlomeno dovrebbe esserlo, che chi voterà SI non fermerà nessuna trivella, per il semplice motivo che non c’è nessuna trivella da fermare; il quesito referendario, che in pochi hanno letto e compreso, non è sulle trivelle, ma sulle concessioni e pertanto non riguarda le perforazioni ma bensì le piattaforme offshore.
Appunto! Da nessuna parte si parla di trivelle ma solo di piattaforme e solo di quelle poste entro le 12 miglia marine dalla costa. Va da sé che quello più lontane potranno continuare la loro attività qualunque sia l’esito del voto. Inoltre è bene non scordarlo che il referendum non riguarda “nuove” trivellazioni entro le 12 miglia perché già vietate per legge.
Chi vota SI vuole che le piattaforme attive entro le 12 miglia terminata la loro concessione (in scadenza tra anni e alcune tra trenta anni), rinegozino con le Regioni e con lo Stato la loro permanenza per cui non è assolutamente certo che le estrazioni (non le perforazioni = trivelle) si debbano necessariamente interrompere perché potrebbero benissimo continuare se la concessione fosse rinnovata la qual cosa è tutt’altro che incerta.
Al di la di come la si pensi (io voterò NO), ci troviamo di fronte ad un movimento di opinione che fa del essere sempre contro a prescindere la sua filosofia di vita. NO al nucleare, NO agli inceneritori, NO rigassificatori, NO all’alta velocità, NO alla discariche, NO alle centrali idroelettriche, NO alle antenne della telefonia ecc. ecc. ecc!
Poi dopo, ci si accorge di essere stati presi per i fondelli per mancanza di conoscenza come recentemente avvenuto per il referendum sull’acqua per il quale si pensava una cosa mentre la realtà è un’altra: non si fanno investimenti sulle reti perché in carico al pubblico (senza risorse) e non a quei cattivi privati che invece avevano tutto l’interesse a farlo con evidente beneficio per tutti.
Alessandro MIRRI
Nuovo Centrodestra