Dopo la guerra le azioni intraprese dai vincitori in Vietnam, compresi plotoni d’esecuzione, campi di concentramento e “rieducazione”, portarono all’esodo di centinaia di migliaia di vietnamiti, molti di questi rifugiati scapparono con barche.
Nel maggio del 1975, la prima barca con 47 profughi arriva in Malaysia e fino al 1978 il numero di rifugiati rimane basso. La isola di Bidong viene ufficialmente aperta come campo di rifugio nel 8 agosto del 1978 con 121 rifugiati vietnamiti. La capacita del campo si presumeva essere di 4 500 persone. Oltre 600 arrivano in quel mese e dopo l’arrivo delle barche diventa una cosa normale. Fino a gennaio del 1979, arrivano altri 18,000 cosi che nel giungo 1979 diventa il posto più popolato del mondo con più 40,000 rifugiati radunati in una area non poco più grande di un stadio di calcio.
Nella primavera del 1979, il vice–primo ministro della Malaysia, Mahathir Mohamad, ha sorpreso il mondo con una minaccia bizzarra. Le barche cariche di profughi dall’Indocina furono bloccate vicino alle spiagge della Malaysia per settimane e Mahathir dichiarò che, in assenza di un impegno da parte delle nazioni ricche a prendere i rifugiati, la Malaysia avrebbe respinto in mare alcuni dei 74.000 profughi che già erano riusciti a raggiungere le sue spiagge. “Se tentanto di affondare le barche, non saranno salvati”, avvertendo che “saranno lasciati annegare. ”
Il effetto di questa minaccia? Dopo un incontro a Ginevra tenuto nel luglio 1979 l’Occidente comincia a reagire, così che l’allora presidente degli USA, Jimmy Carter lasciò entrare nel suo paese da 7.000 fino a 14.000 rifugiati ogni mese, esempio seguito anche da altri paesi come Francia, Canada e Australia.
Che cosa deve fare l’Italia per costringere i Paesi europei a non lasciarla da solo davanti a questa ormai infinita emergenza?