di Giorgio Babini
Cari lettori come ben sapete il Comune di Imola spende 20.000 euro per una società pescata sul sito del MEPA (mercato elettronico della pubblica amministrazione), tutto regolare niente da dire su questa modalità di gare… lo ha già detto anche la Gabanelli nella sua trasmissione Report “Il mercato del tesoro”, ma quello che vogliamo sottolineare noi, cioè lo spreco inutile del denaro, lo facciamo riportando un commento dove cittadini di un altro piccolo comune, San Vincenzo (LI) hanno espresso la loro opinione su questa “participazione democratica” a pagamento, stesso partito, stessa società.
“Vi hanno mai chiesto dei soldi per esprimere un’opinione in un’assemblea pubblica? A San Vincenzo questo succede spesso perché la partecipazione dei cittadini è ormai appaltata ad una società privata. C’è da fare il Piano Strutturale? Facciamo ascoltare i cittadini dalla Sociolab. C’è da fare il programma elettorale? Perché farlo da soli, c’è la Sociolab. Quindi i cittadini che prendono parte a queste assemblee, hanno pagato per esprimere la loro opinione. Di questo passo chissà che la stessa amministrazione del comune non sia appaltata ad un’azienda del settore. In fondo se si è privatizzata la partecipazione dei cittadini sarebbe logico giungere alle estreme conseguenze privatizzando quello che dovrebbe essere il risultato della partecipazione: l’amministrazione.
Qualsiasi forza politica trova nel rapporto diretto con i cittadini la sua prima ragione d’essere e la sua più nobile funzione sociale. Sorprenderà alcuni, ma un partito dovrebbe servire proprio a parlare con i cittadini e a far esprimere ai cittadini le istanze in modo da mediarle, da renderle compatibili con l’attività amministrativa o di governo. Scioccherà alcuni ma il ruolo della politica non è, o non dovrebbe essere, quello di elargire favori e bisbigliare minacce per incollarsi nella stanza dei bottoni.
Dal confronto diretto con la cittadinanza deriva l’arricchimento reciproco che solo può garantire lo sviluppo di nuove sensibilità e la concreta e reale rappresentanza delle esigenze della società. Semplificando possiamo dire che questo è “amministrare”.
Invece arrivano dei “tecnici”, professionisti dell’ascolto a pagamento, a organizzare conviviali riunioni con pasticcini e pizzette. Professionisti pagati per fare quello che una certa politica non sa più fare, non vuole più fare o non è più in grado di fare: avere un contatto diretto con i cittadini, metterci la faccia.
L’infatuazione per questa “nuova” forma di rapporto con i cittadini, mediata, a pagamento e “tecnica” è pericolosa. Sappiamo infatti dai percorsi partecipati del Piano Strutturale e del Piano di Baratti a Piombino, che il reale obiettivo di questi incontri non è quello di recepire e sintetizzare le istanze dei cittadini – istanze, che nel migliore dei casi vengono dimenticate – ma quello di dare l’illusione al singolo, finalmente, d’essere ascoltato, di contare qualcosa. È inevitabile che così sia, i professionisti che organizzano questi percorsi sono retribuiti da un committente che ha precisi obiettivi ed è interessato a indirizzare in una certa direzione le assemblee per ottenere il risultato sperato.
Alla fine il risultato sarà quello che era già stato scelto dalle solite tre o quattro persone, chiuse in chissà quale stanza perché la sintesi delle assemblee non può essere imparziale: l’esito sarà quello desiderato. Sappiamo che in questi tempi così difficili, l’immagine è spesso più importante della sostanza e questa, per la cittadinanza, è una trappola insidiosa perché altera il naturale rapporto tra rappresentati e rappresentanti persino in un comune piccolo come il nostro. Una trappola le cui conseguenze nel breve e medio termine potrebbero essere nefaste anche in campo economico perché sappiamo tutti che un rapporto sano con le Istituzioni è il più efficace alleato per le imprese e per il lavoro. Ironico che il Partito “Democratico” tenti in ogni modo di drogare la democrazia con queste costosi e pericolosissimi allucinogeni”.
Nicola Bertini Maurizio Viliani