FRA DIRITTO NATURALE E DIRITTO DELLO STATO, FRA LEGGE GIUSTA E LEGGE INGIUSTA: L’ANALISI DI UN CITTADINO ITALIANO CHE STUDIA IL DIRITTO, LA GIURISPRUDENZA E LA DOTTRINA.
IMOLA – “Ubi homo, ibisocietas. Ubisocietas, ibiius. Ergo ubi homo, ibiius”.È una vecchia espressione latina, magari non semplice da tradurre per i “profani”, ai quali traspongo liberamente: “Dove c’è l’uomo, qui c’è una società. Dove c’è una società, qui c’è il diritto. Dunque, dove c’è l’essere umano, qui c’è il diritto.”
Il diritto è necessario all’umanità civilizzata: lo era per gli antichi romani, che già da re Romolo si vedono regolati nei loro rapporti da antichi istituti giuridici; lo era per i medievali, lo sappiamo bene a Bologna, dove Irnerio e Graziano fondano due scuole di diritto civile e canonico; lo era per le epoche successive, per i pandettisti, per Napoleone e il Codede Lois, che ha aperto la strada alle codificazioni del diritto in tutta Europa; lo era per i nostri Padri Costituenti, che hanno redatto un testo, la Costituzione della Repubblica, che ci viene invidiato e per alcuni versi plagiato da altri Ordinamenti Statali; pertanto lo deve essere anche per noi: Il diritto è necessario all’umanità civilizzata, qui, oggi. Il punto di vista della Dea Giustizia, rappresentata da sempre bendata sugli occhi, per simboleggiare la sua neutralità e terzietà, oggi in Italia getta lo sguardo su situazioni che hanno dell’inverosimile: il nostro ordinamento sembra avere interpretato la benda della Giustizia, non come benda di terzietà equa e neutrale, ma come cecità generatrice di un’uguaglianza formale, che si rivela però essere assurda e, per certi versi, discriminante.
Ed ecco, che la causa della morte di un piccione dura da vent’anni e va in Suprema Corte di Cassazione e il processo costa allo Stato migliaia di euro. Poi ecco, un clochard che ruba generi alimentari per un ammontare di €4,07 e viene condannato a sei mesi di carcere: i PM volevano la derubricazione del reato ma i legali del supermercato hanno avuto la meglio sulla pubblica accusa; e così un povero affamato viene schiacciato dal potere del più forte.
La vedova di un carabiniere morto nel ’77 aspetta la giustizia del marito che dovrebbe vedere l’ergastolo dei mafiosi che lo hanno eseguito: la signora viene addirittura querelata per diffamazione dopo trent’anni.
Poi per converso, abbiamo il comandante di una nave da crociera, Francesco Schettino, il quale è responsabile della morte di 32 persone e 110 feriti, e prende sedici anni (dieci per omicidio plurimo colposo e lesioni colpose, cinque per naufragio colposo, uno per abbandono della nave). Gli stessi anni -circa- assegnati a Fabrizio Corona per frode fiscale, bancarotta e corruzione.
Di fronte a questi casi, si rimane a buon diritto perplessi, per certi aspetti sconcertati, e ad alcuni tratti sconfortati: chi può credere a una Giustizia, quella Italiana, cieca di una cecità ingiusta e non cieca di una cecità neutrale? Dove la neutralità lascia spazio all’ingiustizia e alla disuguaglianza sostanziale, si può parlare di diritto?
Coloro che ci precedono nell’ambito forense, avvocati e giuristi di specchiata fama, ci rispondono: “Dura LexsedLex” ovvero “La legge per quanto dura sia, è sempre e comunque legge”. E quindi davanti all’iniquità di chi condanna a scontare la galera a un povero vagabondo affamato che ha rubato quattro euro di vitto per sfamarsi, siamo chiamati a chinare il capo, a scuotere le spalle,sottomessi e remissivi, e dunque siamo costretti a dire di sì a un Ordinamento giustapposto, che non tiene conto della Giustizia naturale.
A costoro però, ricordo che “Dura LexsedLex” è un invito a rispettare la legge anche nei casi in cui è più rigida e rigorosa. Avendo lo scopo di risanare gli abusi, lesivi del diritto privato e pubblico, ossia in considerazione del beneficio della comunità, questo brocardo invita all’osservanza di leggi anche gravose, ma da nessuna parte è scritto che devono essere osservate le Legesiniquae, le leggi ingiuste.
A costoro inoltre, ricordo un giurista, che precede anche la loro fama, Tommaso d’Aquino, giurisperito, teologo, dottore di Santa Romana Chiesa. San Tommaso riprendeva un altro grande padre, Sant’Agostino, vissuto otto secoli prima di lui quando affermava l’esistenza di un Diritto superiore a quello scritto nei codici. Fra studenti di diritto, si definisce questa teoria “Giusnaturalistica”, ovvero basata sulla dottrina del diritto naturale che presuppone l’esistenza di una Legge di Natura, preesistente e superiore a ogni forma storicamente assunta di diritto prodotto dall’opera umana, la Legge Umana. Non è necessario credere in Dio o meno per descrivere il diritto di natura, che gli scrittori chiamano comunemente jus naturale, come“la libertà che ciascuno ha di usare il proprio potere a suo arbitrio per la conservazione della sua natura, cioè della sua vita e conseguentemente di fare qualsiasi cosa che, secondo il suo giudizio e la sua ragione, egli concepisca come il mezzo più idoneo a questo fine.” (T. Hobbes ne “Il Leviatano”).
In pratica, senza approdare in profondità della Filosofia del diritto, oltre al brocardo “Dura LexsedLex”ci limitiamo ad affermare che esiste anche la massima di Tommaso “Lexiniusta, nulla Lex”, ovvero “Se una legge umana è ingiusta, non è Legge.”
Pertanto se un ordinamento umano (come quello italiano) permette di incarcerare un morto di fame che ruba un po’ di pane per l’ammontare di quattro soldi, non dovrebbe essere un Ordinamento.
Se un ordinamento umano (come quello italiano) permette che la causa che inerisce la morte di un piccione, un volatile fra i più comuni, arrivi all’ultimo grado di giudizio, facendo spendere allo stato denaro dei cittadini, non dovrebbe essere un Ordinamento.
Se un ordinamento umano (come quello italiano) permette che i carnefici di un carabiniere vittima di mafia possano querelare la vedova, non dovrebbe essere un Ordinamento.
Se un ordinamento umano (come quello italiano) equipara la pena per un incompetente uomo di mare pluriomicida e un buffone da strapazzo alla ribalta televisiva, mettendo sullo stesso piano il bene giuridico della vita umana (in questo caso 32 vite umane) e il bene giuridico non altrettanto prezioso del denaro, non dovrebbe essere un Ordinamento.
Meditiamo sulle parole del medievale giurista Tommaso: La legge ingiusta non è legge, pertanto solo la legge che corrisponde alla Giustizia è legge.
Si afferma qualcosa di sconvolgente, ma non meno giusto e vero.
Nicolas Vacchi