Esprimiamo cordoglio e solidarietà ai famigliari delle vittime ed al popolo francese per il grave attentato subito, esprimiamo solidarietà a tutte le vittime degli atti di terrorismo contro persone inermi, ma occorre fare analisi precise sulle responsabilità di chi arma ed ha armato i terroristi per impedire atre stragi; salvare le vite è il primo dovere per salvare l’umanità.
Quanto avvenuto a Parigi si configura come un atto criminale volto a creare un clima e pulsioni di guerra e ritorsione nell’opinione pubblica francese ed europea, per trascinarla su un terreno di reazioni emotive a giustificare nuovi interventi militari verso paesi additati come ostili e nemici.
Temiamo seriamente di essere in presenza di una sorta di 11 settembre della Francia e dell’Europa, tramite il quale quelle forze oscure contrarie alla pace vogliono indurre l’opinione pubblica occidentale ad una reazione di guerra in nome della lotta contro l’estremismo islamico, ad una nuova crociata, che tenda ad assumere il carattere di scontro di civiltà.
Come l’attentato di New York – che ha lasciato tanti dubbi sulla sua esecuzione – servì all’imperialismo americano per scatenare l’aggressione e l’occupazione dell’Afghanistan accusato di proteggere i presunti mandanti, oggi l’attentato di Parigi viene attribuito da una potente campagna mediatica all’Isis o ad analoghe entità fondamentaliste islamiche.
Sono però le stesse entità che sono state sostenute dagli Usa, dalla Gran Bretagna e dalla Francia per destabilizzare ed aggredire l’Iraq, la Libia, oggi la Siria e forse domani l’Iran, per rafforzare e giustificare l’escalation della presenza militare atlantica in Medio Oriente o in altre regioni petrolifere nevralgiche ma non allineate.
Siamo fortemente preoccupati per le sorti della pace mondiale – il papa recentemente ha detto che “…siamo già entrati nella terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli…” – che vediamo seriamente minacciata da una escalation di guerra militare ed economica imperialista che rivela una crescente ostilità verso quei paesi come Russia, Cina e altri in America Latina, fanno da contrappeso alla potenza Usa e Nato.
Siamo preoccupati per l’indifferenza e l’opportunismo con cui forze pacifiste che si dicono democratiche o di sinistra si sottraggono a queste analisi ed all’attribuzione di responsabilità sulla pace e sulla guerra.
Il governo italiano, membro attivo ma subalterno della Nato, non è estraneo a questo inquietante aumento di situazioni di guerra: i governi italiani che si sono succeduti in questi anni hanno pesantemente contribuito ad avallare tale escalation in Afghanistan, Jugoslavia, Iraq, Libia, Ucraina, Siria…
E’ necessario operare affinchè tutte le forze pacifiste e contrarie a tali politiche di aggressione diano il loro contributo per fermare la corsa verso un conflitto globale.
La stessa elezione del nuovo presidente della Repubblica può essere l’occasione per portare al colle una figura che – diversamente al ruolo deteriore svolto dall’atlantista Napolitano – dia un contributo per una collocazione internazionale dell’Italia non subalterno al sistema di guerra e aggressione militare propria della dottrina atlantica e più disponibile ad una linea di cooperazione internazionale multipolare, in coerenza con i principi e i valori della nostra Costituzione.
Per tutto questo non saremo presenti al consiglio comunale straordinario del 14/01; già la nozione di “comunità cittadina unita” esprime un concetto da villaggio assediato e siamo certi che in consiglio ci saranno interventi in questo senso, dovuti a rappresentanti sciocchi e beceri della destra, con i quali non ci sentiamo assolutamente uniti.
Democrazia vuole anche dire libertà dallo sfruttamento economico e, in questa fase, da politiche monetaristiche che limitano la sovranità dei paesi impoverendo la parte più debole della popolazione. Per quanto riguarda il nostro paese, significa anche rispetto della Costituzione in tutte le sue parti, compreso l’art. 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
L’Altra Emilia Romagna – Comitato di Imola