IMOLA – Se ci aspettavamo un inno alla laicità delle Istituzioni durante il Consiglio comunale per commemorare le vittime dell’attentato … sbagliato.
Imola è in Italia. E l’Italia non è la Francia. Noi non siamo uno Stato laico. E, se la vita umana va difesa al di là di ogni “ragionevole dubbio”, la rivista Charlie, le sue vignette e la sua libertà d’espressione incondizionata non hanno trovato la stessa solidarietà.
E’ vero, ci ha provato la presidente del Consiglio Paola Lanzon a chiedere “una presa di posizione della comunità internazionale” in nome della laicità, della libertà di pensiero e di espressione.
Ma lo stop è arrivato subito. Perché la pace, come ha ricordato il Vescovo Tommaso Ghirelli, “è un obiettivo civile, ma anche religioso, un dono di Dio affidato agli uomini. E le religioni influiscono sul perseguimento della pace. In questi giorni si è fatta della retorica sulla libertà di stampa e si è continuato ad andare contro il buon senso: spero che i sostenitori della laicité giungano a riconoscerlo.” E anche Sabir Mohammed, presidente della Casa della Cultura islamica, nel condannare fermamente l’atto terroristico in un incontro tra “mondo islamico e mondo occidentale” (e quindi ammettendo, implicitamente, che si tratta di due mondi culturalmente distinti e separati) ha però ribadito: “Il caso di Parigi fa riemergere il tema della libertà di espressione, ma non crediamo che in nome di quella libertà si possa permettere a chiunque di diffondere ostinatamente – anche oggi 3 milioni di copie – particolari impressionanti e raccapriccianti che creano turbamento del comune senso della morale”.
Insomma, difesa della vita umana, come valore sacro e inviolabile. E centra l’obiettivo il console francese Giuliano Berti, citando una per una le vittime dell’attentato.
Ma quella difesa non va necessariamente estesa a una libertà di satira tanto spinta e dissacrante come quella di Charlie Hebdo. Lo afferma il vicepresidente del Consiglio, Alessandro Mirri (Ncd) che non aveva mai visto quelle vignette prima dell’attentato di Parigi, vignette da lui definite “orride”. Gli fa eco Romano Linguerri di Fornace Viva che ha messo in risalto la contraddizione di uno Stato laico quale la Francia che non consente alle persone “di esporre simboli religiosi, siano essi chador o croci” ma poi consente una satira così impietosa proprio su quei simboli. Musulmani e cristiani mai così vicini. “E non è vero che le matite non possono essere violente”, ha aggiunto.
Infine qualcuno ha messo in risalto le “ipocrisie” e i paradossi generati da questo tragico evento. Lo ha fatto Simone Carapia di Forza Italia, immaginando gli “Charlie” italiani. Chi sono gli “Charlie” in Italia? “Oriana Fallaci tanto accusata dalle sinistre di fomentare l’odio religioso? O Magdi Allam, portato a processo dall’Ordine dei Giornalisti? Quegli stessi giornalisti che oggi alzano al cielo le matite in nome di un diritto di satira illimitato”. Un dibattito solo iniziato oggi e non certo concluso. L’auspicio è che di questi momenti di incontro/scontro culturali se ne organizzino molti di più in Città e non solo in occasione di eventi tanto tragici.