IMOLA – Sarebbero un 19enne marocchino e un 24enne tunisino i responsabili dal raid notturno messo a segno nel Palazzo comunale e negli uffici dei gruppi consiliari il 2 dicembre scorso. A incastrarli, le immagini delle videocamere di sorveglianza del centro storico. Un’indagine perfetta quella delle forze dell’ordine che si conclude, però, nella solita denuncia a piede libero per due personaggi già perfettamente “noti”.
Il furto degli oggetti come pc, un paio di ray ban, una chiavetta usb e una moneta commemorativa è poca cosa rispetto al danno al patrimonio pubblico procurato. Quindici porte, alcune di pregio, completamente sfasciate per un danno alla comunità di 30mila euro. Di qui la decisione del Comune di costituirsi parte civile.
Sarebbe questo il momento di concretizzare, finalmente, la mozione sulla “sicurezza” approvata pochissimi giorni fa dal Consiglio comunale che, tra le altre cose, cita anche l’impegno di ricorrere ai lavori socialmente utili per coloro che si rendono colpevoli di simili azioni ai danni della comunità tutta. In attesa del processo, non sarebbe il caso che il sindaco valutasse finalmente tutte quelle azioni necessarie per “educare” realmente queste persone al rispetto del bene pubblico? Magari mettendoli a spazzare le strade, a falciare un po’ di erba, a ripulire qualche graffito? E non importa che siano italiani o stranieri. Certi valori non hanno nazionalità, colore, appartenenza politica. Perché se la giustizia italiana è lenta e consente a queste persone di essere ancora a piede libero, allora sia l’amministrazione, nei meandri di queste leggi, a trovare la soluzione per rendere questi giovani realmente rispettosi dello Stato, della Città e della comunità che li ha accolti.
Redazione