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QUANDO NESSUNO SA MAI NULLA…

di Brigida Miranda

Conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministriIl Ministro Poletti è imolese. Vive da una vita a contatto con il mondo della cooperazione. E anche come presidente di Legacoop nazionale ne avrà viste migliaia di realtà cooperative. E il suo ruolo importantissimo rivestito finora e quello da lui ricoperto attualmente come Ministro del Lavoro, è carico di responsabilità.

Quella responsabilità che bisogna assumersi per forza – e ribadisco per forza – quando ci si trova davanti a fatti come quelli di Roma. Noi a Imola, Poletti lo abbiamo imparato a conoscere come il Ministro che non sa mai nulla. Mai una parola sul caso Terremerse e sulla cosiddetta cooperazione deviata, sugli intrecci tra politica, affari e famiglia che non lascia indenne nemmeno l’Emilia Romagna. Mai una parola sul fallimento di Cesi che era nell’aria da tempo però – guarda caso – i sindacati lo hanno imparato dai giornali dopo una visura camerale fatta dal Resto del Carlino. Mai una parola sulla stessa sorte toccata alla 3Elle. Mai una parola sulle nomine “politiche” ai vertici della cooperazione, quelle figure che puntualmente sono le prime a salvarsi e a essere ricollocate – ancora – nel mondo della cooperazione.

Noi siamo stanchi di un Ministro più preoccupato di salvare la propria faccia invece che il mondo della cooperazione, con le sue decine di migliaia di lavoratori, spesso sfruttati e sottopagati. A noi, per essere chiari, non ce ne frega nulla se Poletti non sapesse con chi era a cena, a tavola, quella sera del 2010 a Roma. La domanda da porsi non è con chi era a cena Poletti. La vera questione è perché Poletti non sapesse nulla nemmeno delle ombre e dei dubbi che aleggiavano intorno a una cooperativa da 60 milioni di fatturato l’anno.

Non è possibile pensare che in questa Italia del 2015, dove bastano poche e semplici visure camerali per appurare tante e troppe scomode verità, Poletti non si sia nemmeno mai interessato di queste faccende come presidente di Legacoop. In un mondo dall’informazione “dilagante”, anche il non informarsi è una colpa. Allora cosa dobbiamo credere? Che tante, troppe volte si sottovaluta l’importanza dei propri ruoli, dei propri incarichi perché spesso sono il frutto di nomine politiche, dettate solo dal criterio dell’ “allineamento”?

E adesso non ce la possiamo prendere con Saviano, l’autore di Gomorra, perché su Repubblica (che non è stampa “fascista” come direbbe qualcuno) si permette di chiedere conto a Poletti di quella cena. Perché il nodo centrale di tutto, come ha scritto Saviano, è che un Ministro, un uomo con quegli incarichi, non deve necessariamente rispondere solo se interrogato da un giudice. Deve rispondere soprattutto ai cittadini, per quel senso di responsabilità cui ogni uomo delle Istituzioni è chiamato giorno dopo giorno. Perché Saviano non lo possiamo osannare solo quando denuncia i fatti legati ai clan del casalesi e poi denigrarlo perché pone una questione lecita su un giornale (di sinistra).

Sì, Poletti. Ai cittadini devi rendere conto anche delle persone con cui vai a cena. Se sono cene svolte nell’ambito della tua attività pubblica. Ad altri personaggi l’Italia ha chiesto conto anche di fatti privati. E la sinistra, che tutto a un tratto si scopre garantista, di questo non si è mai scandalizzata. Perché i doppi pesi e le doppie misure qui sono una prassi. E ora che sei tu quello chiamato a rispondere, ti scandalizzi. Eh no. Mi sa che non funziona esattamente così. E se proprio non ne sapevi nulla, non rispondi agli italiani che “sei stufo” di quella foto. Ti prendi le tue responsabilità per non esserti informato e chiedi scusa. Una buona abitudine che ogni buon politico dovrebbe prendere verso gli italiani che non vi hanno mai sentito nemmeno una volta dire “abbiamo sbagliato”.