Riprendo quanto scritto il primo settembre scorso vista l’attualità di quanto scrissi alla luce della denuncia allarmata fatta ieri dalla CIA imolese.
Accanto alla crisi di tante aziende imolesi, ve n’è uno che viene trascurato e la sua gravità sottostimata. Il mondo agricolo sta soffrendo una crisi che rischia veramente di non avere ritorno. I produttori di frutta tanto per stare ad una attuale contingenza, continuano ormai da tempo a sostenere costi di produzione in gran lunga superiori ai modesti ricavi tanto che molti hanno iniziato una progressiva distruzione dei loro frutteti. A patire maggiormente questa situazione intollerabile sono quegli imprenditori che in questi anni hanno investito in impianti nuovi accendendo mutui spesso onerosi che oggi non riescono a pagare.
La questione sembra lasciare indifferenti i vari soggetti che da questa attività trovano comunque l’opportunità di lucrare guadagni spesso scandalosi se rapportati alla miseria che viene lasciata a chi si sobbarca quotidianamente la fatica del campo e tutti i rischi legati all’imprevedibilità del clima estivo ed a fatti come la recente alluvione del Santerno.
Tanto poi, se l’Italia non produce frutta la si va a comprare all’estero a prezzi più vantaggiosi. Durerà questo? Anche quando in Italia la frutta resterà un ricordo del passato?
Archiviata la corsa alla poltrona di governatore della regione, è tempo che chi guida la città passi dalle parole alla concretezza dei fatti e si faccia carico di promuovere un tavolo con tutti i soggetti interessati al mondo agricolo se non altro per definire criteri equi di suddivisione di tutti quei costi accessori oggi in capo quasi esclusivo al produttore, definire norme per l’impiego di prodotti chimici senza la paura che questi creino chissà quali danni alla salute dei cittadini tutt’altro che dimostrati.
Coinvolgere al tavolo anche e soprattutto le banche a che intervengano a sospendere o quantomeno diluire i mutui contratti dai produttori per nuovi impianti produttivi che oggi rischiano di essere solo fonte di perdite. Si tratta di prendere atto che un ettaro di terreno espiantato significa meno produzione locale, meno fatturato per il produttore e soprattutto posti di lavoro in meno.
Possibile che al produttore si paghi la frutta meno della metà del costo di produzione? Potrà sostenersi a lungo un siffatto sistema?
Poi non lamentiamoci se accanto alle aziende industriali che chiudono anche l’agricoltura sarà presto totalmente appaltata all’estero.
Sveglia sindaco, se ancora esiste lo spazio del recupero, è tempo di dimostrare nei fatti e non con parole al vento, che veramente interessa che Imola possa riprendere fiato in questo periodo di crisi. Perché questo sia reso possibile serve darsi una mossa. Poco? Stare fermi e pensare solo alle proprie carriere o alle proprie convenienze è come quel servo che anziché provare ad investire le poche risorse disponibili nella speranza di un esito positivo, va a sotterrare nel campo il talento ricevuto. Prima o poi, il padrone, ovvero gli elettori, questa farsa governativa mi auguro la capiscano e cambino teatro.
Alessandro Mirri
Imola 23 settembre 2014