LA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE NON E’ UNA QUESTIONE PRIVATA MA POLITICA
Le donne, anche nel nostro Paese, attraversano un momento storico difficile da molti punti di vista.
Sul piano culturale e simbolico sono vittime di un vero e proprio regresso di civiltà: l’attacco all’autodeterminazione, il prevalere di modelli di rampantismo, il nesso sesso/potere e le sue ricadute nella politica, il femminicidio con una paurosa escalation del fenomeno (da 84 casi di femminicidio del 2005, siamo passati a 124 nel 2014 ed ad oggi siamo già a 68 casi nel primo semestre 2013), la violenta omofobia, l’uso del corpo e dell’immagine femminile sul mercato, l’uso strumentale e ideologico della ‘famiglia’, voluta e perpetrata anche dal Vaticano che dovrebbe dare per primo un diverso ruolo alle donne nelle proprie gerarchie.
La politica governativa, anche il decreto del Governo Letta convertito in legge nell’ottobre 2013, ci propone un’involuzione del concetto di dignità e rispetto della figura femminile, oramai sempre più mercificata, tanto da essere puro oggetto di scambio e favori e vilmente squalificata o, nella migliore delle ipotesi, semplice ‘complemento’ dell’attività maschile; d’altra parte, la televisione e dello spettacolo, costringe la donna sempre più al ruolo di semplice “corpo” esibito e muto e come mezzo per vendere ogni cosa, dai prodotti agli spazi pubblicitari nei programmi televisivi.
Sul piano economico, la crisi, colpendo con più veemenza gli strati più deboli e, in essi, il genere più esposto, rischia di esporre le donne sempre più alla precarietà e all’impossibilità di progettare il futuro, oppure di relegarle nell’angolo più angusto del lavoro domestico e familista. Oltre a ciò, vi è una sempre minore attenzione alle esigenze di vita e di lavoro delle donne: l’aumento dell’età pensionabile voluto dalla Ministro Fornero anche per le donne, come se non si sapesse che le donne, nel nostro Paese, sostengono ancora in maniera sproporzionata rispetto agli uomini il lavoro di cura nei confronti dei figli minori, dei genitori anziani, dei parenti malati.
Le donne di oggi devono continuare ad attuare ogni forma di resistenza civile e di lotta per non arretrare neanche di un millimetro rispetto a quanto conquistato dalle donne di ieri e per lasciare il dono della libertà e dell’autonomia alle donne di domani. Crediamo sia necessario intraprendere, assieme alle altre donne (ma anche agli uomini), una fondamentale battaglia civile, quella per il riconoscimento pieno della dignità e dell’autodeterminazione femminile, quindi una vera e propria lotta di classe, per sconfiggere finalmente un archetipo antichissimo, frutto di una cultura classista estremamente diffusa in tutto il mondo. Una cultura che ha posto la donna, procreatrice di vita, come un oggetto di potere; è proprio il potere e questa presunta superiorità maschile a tradursi, a volte, in violenza psicologica e/o fisica contro la donna.
Noi donne e uomini del PRC di Imola aderiamo allo Sciopero delle Donne del 25 novembre 2013 del coordinamento imolese che si appositamente costituito partecipando a tutte le iniziative dallo stesso deciso.
Crediamo che il 25 novembre, non debba essere rilegato a mera ricorrenza celebrativa di una generica violenza contro le donne, ma una giornata di mobilitazione, che deve diventare continuativa, contro il femminicidio. Ad oggi non esiste in Italia un sistema di interventi organici contro simile piaga. L’unica richiesta andata a buon fine, in tal senso, è stata la ratifica della Convenzione europea contro la violenza sulle donne, approvata a Istanbul l’11 Maggio 2011 e ratificata dall’Italia solo nel mese di Giugno 2013.
Le donne e gli uomini del Partito della Rifondazione Comunista di Imola